Volatilità, i mercati in attesa della svolta nella politica monetaria e dell’equilibrio nel contesto geopolitico
Il taglio dei tassi di interesse scriverà l'avvio di un nuovo capitolo nell'economia internazionale mentre resta aperta la partita degli equilibri globali.
I primi mesi del mercato finanziario hanno confermato il trend positivo iniziato già alla fine del 2023: l’economia globale si è dimostrata resiliente, le notizie di un possibile calo dei tassi di interesse, ormai praticamente confermato per giugno in Europa, e solo accennato negli Usa, in attesa che i dati confermino un effettivo rallentamento dell’inflazione, hanno favorito le buone aspettative degli investitori.
La volatilità è il fattore dominante degli ultimi mesi, un elemento con il quale, probabilmente, i mercati dovranno confrontarsi sempre più all’interno di contesti mutevoli interessati da cambi di scenario repentini. I livelli di volatilità non hanno più toccato i valori raggiunti nei primi giorni della pandemia globale e con l’attacco russo in Ucraina; nell’ultimo anno hanno svettato in occasione dell’inizio delle operazioni di attacco via terra di Israele in Palestina.
Da inizio aprile, l’indice VIX, seppur altalenante è tornato ad alzarsi ma, nei giorni e nelle scorse settimane, i mercati hanno dimostrato di continuare a reggere nonostante i bombardamenti iraniani su Israele non lasciassero presagire scenari rosei, probabilmente, complici le dichiarazioni sulle tensioni, che sembrano evitare l'ipotesi di un'escalation e la condivisione di nuovi dati positivi sulla crescita Usa.
La concentrazione di fattori geopolitici, macroeconomici e di politica monetaria, in questa fase, lascia aperta la possibilità a scenari incerti, caratterizzati da numerose variabili che potrebbero generare nuove situazioni, orizzonti ed equilibri. Stabilità ed equilibrio sono due fra i fattori più ambiti in questo contesto.
Debito pubblico, nuove regole per l’UE, nuovi finanziamenti per USA
Nelle scorse settimane, l’FMI ha pubblicato l’outlook regionale per l’Europa,invitando alcune economie, fra le quali l’Italia (insieme a Belgio e Francia), ad attivare riforme economiche per dare maggiore impulso alla crescita. In particolare, il Fondo Monetario Internazionale si è rivolto al nostro Paese invitando alla riduzione del debito pubblico per evitare eventuali shock in caso di crisi.
Al contempo, la Commissione Europea ha approvato nuove regole e meccanismi per la riduzione del disavanzo e del debito: il Patto di stabilità e crescita approvato il 23 aprile prevede che i Paesi con un debito che supera il 90% del PIL, dovranno ridurlo in media dell'1% all'anno; se il debito è compreso tra il 60% e il 90%, la riduzione media sarà dello 0,5% all'anno. Nel caso in cui il disavanzo di un Paese superi il 3% del PIL, dovrebbe essere abbassato durante i periodi di crescita, mirando al 1,5%, allo scopo di costituire una riserva di spesa per periodi economicamente difficili.
Tutti i paesi saranno quindi tenuti a preparare piani a medio termine che delineino i loro obiettivi di spesa e descrivano come intendono realizzare investimenti e attuare riforme. Gli Stati membri che registrano livelli elevati di disavanzo o debito riceveranno indicazioni sugli obiettivi di spesa da raggiungere e, al fine di garantire una spesa sostenibile, la riforma introduce parametri numerici di riferimento.
Le nuove regole sono pensate per favorire la capacità di un governo di effettuare investimenti; ora sarà più complicato per la Commissione avviare una procedura contro uno Stato membro per disavanzi eccessivi se il governo sta attuando investimenti cruciali. Inoltre, tutte le spese nazionali destinate al cofinanziamento dei programmi finanziati dall'UE non verranno considerate nel calcolo delle spese governative, incentivando così ulteriormente gli investimenti.
Sul fronte USA, invece, sono stati giorni caldi sotto il profilo del debito pubblico: la scorsa settimana il Tesoro americano ha chiesto al mercato altri 183 miliardi di dollari che remunererà con i tassi più alti mai visti negli ultimi 5 mesi. Si tratta di 69 miliardi di dollari del Treasury a due anni, 4 miliardi per quello a sette anni e 70 miliardi di dollari per il Treasury a cinque anni. Janet Yellen, il Segretario del Tesoro, nei prossimi giorni presenterà il prossimo annuncio trimestrale sul rifinanziamento, un piano dalle informazioni cruciali per gli investitori, sia riguardo alla durata che all'ammontare complessivo. Maggiore sarà la domanda, maggiore sarà l'impatto iniziale sulla liquidità disponibile. Un maggiore tesoretto raccolto per eventuali incentivi fiscali potrebbe essere un risultato positivo. Nonostante l'economia degli Stati Uniti stia perdendo un po' di slancio e riducendo la sua forza, la prospettiva di una politica monetaria accomodante rimane predominante per il 2024.
Il mondo al voto, tra continuità e nuovi possibili equilibri
Nel 2024 circa la metà della popolazione mondiale è chiamata al voto, tra elezioni comunitarie, locali e nazionali. I Paesi che hanno già affrontato la tornata elettorale hanno visto la conferma di alcuni dei loro leader al potere: terzo mandato per il partito indipendentista Dpp a Taiwan, Putin senza sorprese, riconfermato alla guida della Russia, in Iran i fondamentalisti e conservatori hanno mantenuto il Parlamento, proseguendo così il sostegno al regime vigente, in un voto dal tasso più alto di astensionismo mai registrato nel Paese.
Al via anche le elezioni indiane, iniziate il 19 aprile e che termineranno il 1 giugno: il Primo Ministro Modi punta alla rielezione per il terzo mandato. L’esito delle elezioni determinerà gli scenari di sviluppo delle relazioni economiche mondiali: negli ultimi 10 anni l’economia indiana è cresciuta moltissimo e il Pil ha superato nettamente quello delle economie più mature; la sua demografia e le prospettive di crescita del Pil pro capite costituiscono un contesto ideale per un nuovo potenziale bacino di consumatori. Allo stato attuale, le relazioni commerciali e le collaborazioni tra Italia e India riguardano principalmente le energie rinnovabili e la difesa.
Tra il 6 e il 9 giugno, circa 400 milioni di cittadini europei saranno invitati a votare per scegliere i nuovi membri del Parlamento europeo. Questa consultazione si concentrerà su questioni vitali come il rilancio dell'economia, la gestione dei flussi migratori, le politiche energetiche e gli accordi volti a garantire la solidità finanziaria dell'Unione europea. Il risultato delle elezioni potrebbe influenzare significativamente la composizione e il funzionamento del Parlamento europeo.
Il prossimo 5 novembre si terranno le elezioni USA e più di 160 milioni di cittadini sarano chiamati a esprimere il loro voto per eleggere il 60º presidente degli Stati Uniti. I principali contendenti sembrano essere Joe Biden e il suo predecessore, Donald Trump. La vittoria di uno o dell’altro potrebbe cambiare radicalmente le politiche commerciali americane, la politica sulle energie rinnovabili, il sostegno nel conflitto tra Russia e Ucraina, così come la linea diplomatica da seguire con la Cina e le minacce verso Taiwan e quella mediorientale.
Il peso dei conflitti
Lo scoppio della guerra in Ucraina e le sanzioni imposte alla Russia hanno avuto un peso decisivo sulla crescita dell’inflazione: la mancanza di accesso al mercato russo ha creato un aumento dei prezzi in centinaia di punti percentuali in diversi settori. I prezzi di grano e petrolio, in relazione al conflitto europeo, sono tornati a normalizzarsi mentre, sul piano del gas, in Europa, c'è stato un passaggio significativo al gas naturale liquefatto (GNL), con i prezzi che tornano ai livelli pre-pandemici grazie alla maggiore competitività di questo mercato. Sebbene l'Europa continui a importare GNL dalla Russia tramite società private, questa dipendenza è destinata a diminuire nel prossimo futuro. Mentre la Russia risente pesantemente della perdita di accesso al mercato europeo del petrolio, si stanno cercando rotte alternative, come il trasporto di carburante dall'India verso l'Europa.
Nel conflitto tra Hamas e Israele, i mercati sembrano aver agito con iniziale indifferenza, forse perchè le fonti ufficiali hanno indicato la volontà di mantenere il contrasto a proporzioni locali. Il prezzo del petrolio, dapprima cresciuto, si è poi velocemente riassorbito: si presume il petrolio rimarrà la principale materia prima a subire gli impatti delle vicende geopolitiche mediorientali, ma non vanno trascurati neppure i risvolti e le difficoltà commerciali. L’economia israeliana, intanto, sta uscendo affossata da questa guerra: FMI ha dimezzato le prospettive di crescita e S&P ha tagliato il rating, definendo un outlook negativo.